domenica 23 novembre 2008

Muore Sandro Curzi, voce storica della sinistra

tratto da (ami) Agenzia Multimediale italiana

Si è spento sabato mattina a Roma all'età di 78 anni, dopo una lunga malattia, il giornalista Sandro Curzi. Direttore del Tg3 Rai e successivamente direttore del quotidiano di Rifondazione Comunista “Liberazione”, dal 2005 Curzi era membro del consiglio di amministrazione della Rai.

Nato a Roma il 4 marzo 1930, militante comunista sin dall'adolescenza, Sandro Curzi ha speso la sua vita all'interno del Partito comunista prima e di Rifondazione comunista poi, svolgendo principalmente incarichi nel settore della comunicazione. Redattore de “l'Unità” clandestina - di cui poi sarebbe diventato caporedattore centrale e direttore responsabile - , caporedattore del periodico della Fgci “Gioventù nuova”, direttore di “Liberazione” dal 1998 al 2005 sotto la guida di Fausto Bertinotti, a metà degli anni '60 per la direzione nazionale del Pci ha ricoperto per un breve periodo anche il ruolo di responsabile stampa e propaganda.

Ancora, tra gli incarichi giornalistici è da ricordare la vicedirezione del quotidiano “Paese Sera”, tenuta dal 1967 al 1975, per cui ha trattato la rivolta studentesca del 1968 e la riscossa operaia del 1969.

Entrato in Rai nel 1975, ha lavorato con Sergio Zavoli al Gr1 e nel 1976 è stato tra i fautori della nascita della terza rete pubblica, diventandone nel 1978 condirettore del telegiornale con Biagio Agnes e di cui ha assunto la direzione dal 1987 al 1993. Conclusa questa esperienza, Curzi ha passato un biennio alla guida del Tg di Telemontecarlo. Nel 2005 era stato eletto consigliere di amministrazione Rai dalla Commissione parlamentare di Vigilanza, grazie ai voti di Rifondazione Comunista, Verdi e dell'ala più a sinistra del Pds.

La camera ardente sarà allestita oggi pomeriggio nella sala della Protomoteca in Campidoglio, a Roma, e resterà aperta dalle 17 alle 20 di oggi e dalle 10 alle 18 di domenica, per poi riaprire lunedì dalle 9 alle 11.30. Successivamente saranno celebrate le esequie con una cerimonia laica.

Cordoglio per la scomparsa di Sandro Curzi è giunto dalle massime cariche dello stato. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, esprime alla famiglia del giornalista la sua «affettuosa partecipazione nel segno di una antica amicizia» e saluta un «uomo di schietta passione politica e di sempre viva non comune cordialità umana», sottolineando come «le aspre polemiche che lo coinvolsero nel periodo della sua massima responsabilità giornalistica non lo indussero mai ad astiose chiusure né ad alcuna attenuazione della sua autonomia di giudizio e del suo senso delle istituzioni». Elogi anche per «il suo profondo attaccamento al servizio televisivo pubblico, com'è testimoniato dal suo impegno negli ultimi tempi».


Numerosi i messaggi provenienti dall'intero arco politico italiano. Per Rifondazione comunista, il partito di Curzi, è il segretario Paolo Ferrero a parlare: «Consideriamo un grande privilegio aver potuto lavorare insieme a lui, al suo amore per il giornalismo e al suo impegno politico, sia nella qualità di direttore che ha dato forza e valore a Liberazione, sia nella qualità di appassionato militante del partito. Alla vedova e ai famigliari - conclude Ferrero - esprimo il cordoglio profondo e l'abbraccio pieno d'affetto mio personale e di tutto il Prc». «Se ne va con Sandro Curzi un vecchio amico, un giornalista di razza, un uomo coraggioso e ironico che aveva percorso nella sua vita un grande tratto della storia della sinistra italiana», dice il segretario del Pd, Walter Veltroni, parlando di «un uomo appassionato che prendeva di petto le cose con irruenza e capacità». Dal Pdl, Maurizio Gapsarri ricorda «un uomo sanamente di parte che ha sempre rispettato gli avversari politici», un personaggio, aggiunge il sottosegretario alle Comunicazioni, Paolo Romani, che «con la sua voce critica e le sue posizioni talvolta anche scomode ha contribuito alla crescita del servizio pubblico». «Un grande italiano», lo definisce il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, «che anche per noi di destra ha saputo essere un interlocutore e una persona che non si è mai tirata indietro».

Tra i giornalisti, Michele Santoro ricorda di Curzi «la grandissima capacità di nutrirsi del rapporto con gli altri, anche con persone diverse da lui». Al direttore del Tg5, Clemente Mimun, mancheranno «la sua umanità, la sua simpatia, la sua leale faziosità». Dai vertici Rai, il presidente Claudio Petruccioli perde «un grande amico, compagno per una vita», ma anche «un grande giornalista, come Biagi, come Montanelli». Con la scomparsa di Curzi, dice il Direttore Generale Rai, Claudio Cappon, «l'Italia perde un maestro di giornalismo. La Rai uno dei protagonisti, un professionista che ha contribuito a fare la storia dell'azienda».


domenica 16 novembre 2008

Pestaggi alla Scuola Diaz, lo Stato si assolve

CRONOLOGIA DEI FATTI: tratto da Repubblica.it
G8 Genova Scene dell'irruzione nella scuola audio e video







Inaccettabile sentenza per i pestaggi da parte della Digos a dei giovani inermi, fatti che si sono svolti il 21 luglio del 2001 nella scuola Diaz a Genova,.
Tutti purtroppo ricordiamo cosa è successo.
Quella notte, dopo una giornata di cortei e manifestazioni, alcuni giovani, di varie nazionalità dormivano nella scuola Diaz di Genova, per l'occasione messa a disposizione dall'Amministrazione Genovese in accordo con gli organizzatori del Social Forum, che avevano avuto in concessione alcuni siti adattati all'alloggiamento delle migliaia di giovani che si erano dati appuntamento a Genova.
E' noto a tutti che ad una certa ora della notte, mentre tutti dormivano, un intero reparto delle forze dell'ordine ha fatto irruzione nella struttura.
Gli agenti in tuta antisommossa, con caschi, schudi e manganelli hanno cominciato a pestare selvaggiamenti tutti quelli che, inermi, stavano dormendo nelle stanze e nella palestra.
Una ignobile concezione di senso dello Stato dimostrata con vigliaccheria, dopo che quegli stessi agenti la mattina sono stati a guardare le scorribande dei black bloc e che quella sera hanno trovato "doveroso" massacrare dei giovani che dormivano, dando sfogo alla loro peggiore bestialità e rabbia.
Per motivare l'irruzione hanno poi, in caserma, prodotto delle prove false denunciando il ritrovamento di due bottiglie Molotov, che invece erano state raccolte la mattina.
Risultato: 93 arrestati, 82 feriti, 63 ricoverati in ospedale, (3 in coma).

Dopo sette anni da quel 21 luglio 2001 la sentenza che assolve 16 dei 29 imputati, ma che salva sopratutto i vertici che di questa mattanza non potevano non sapere.
Le parti civili denunciano che nessuno degli imputati non è neanche stato sospeso nessuno, e non contro di loro non è stato preso nessun provvedimento disciplinare, sono stati tutti promossi e nessuno di loro ha chiesto scusa.

Ecco i nomi dei soli condannati tra i colpevoli del massacro:
Il tribunale ha condannato, sostanzialmente tutto il VII nucleo comandato da Vincenzo Canterini, anche se gran parte delle condanne sono state mitigate per effetto del condono. Canterini, condannato a 4 anni, è stato riconosciuto responsabile di falso ideologico e di calunnia in concorso mentre Michelangelo Fournier (2 anni di reclusione e non menzione), Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledoti, Pietro Stranieri e Vincenzo Compagnone sono stati condannati a tre anni ciascuno per lesioni personali continuate.
Per l’episodio delle molotov il tribunale ha condannato Pietro Troiani (3 anni) e Michele Burgio (2 anni e mezzo) per la calunnia e per il porto illegale di armi da guerra. A tutti sono state concesse le attenuanti generiche ritenute prevalenti sulle aggravanti contestate a Fournier, Troiani e Burgio ed equivalenti per gli altri. Luigi Fazio, che è stato condannato a un mese di reclusione, è stato dichiarato interdetto dai pubblici uffici per un anno. Per lui il tribunale ha stabilito la non menzione.
Tutti gli altri hanno avuto uguale pena accessoria per la durata delle rispettive pene.
Le pene inflitte a Basili, Tucci, Lucaroni, Zaccaria, Cenni, Ledoti, Stranieri, Compagnone, Troiani e Burgio sono state interamente condonate. Il tribunale ha dichiarati condonati anche 2 anni della pena inflitta a Canterini. Infine, il tribunale ha stabilito che Canterini, Fournier, Basili, Tucci, Lucaroni, Zaccaria, Cenni, Ledoti, Stranieri e Compagnone siano condannati in solido e con il responsabile civile, Ministero dell’ Interno, al risarcimento di tutti i danni patiti dalle parti civili.

Ho trovato su You Tube questo video che consiglio a tutti, se ci riescono ad andare fino in fondo, di vederlo..

Vieffe

G8 Genova scene del blitz

martedì 11 novembre 2008

Mama Africa è morta, mama Africa vive nel cuore di tutti gli africani


tratto da: lastampa.it
La vita dell'artista africana morta dopo il concerto di Castel Volturno
ROMA
Era definita da molti «la voce dell’Africa». Icona della lotta anti-apartheid nella sua Sudafrica, da sempre impegnata contro la segregazione razziale e per i diritti civili, Miriam Makeba era un’artista-simbolo, costretta per anni all’esilio dal governo di Johannesburg e tornata a casa dopo un lungo girovagare in Europa e negli Usa solo dopo la fine dell’Apartheid, convinta personalmente da Nelson Mandela. Attivista, ma anche grande cantante, dalla voce calda e dalla grande presenza scenica, spesso accompagnata da strumenti etnici e dai costumi tradizionali della sua terra.

Nata a Johannesburg 76 anni fa, sua madre era una sangoma di etnia swazi e suo padre, morto quando lei aveva sei anni, era uno Xhosa. Makeba iniziò a cantare a livello professionale negli anni ’50, con il gruppo Manhattan Brothers, e poi fondò una propria band, The Skylarks, che univa jazz e musica tradizionale sudafricana. Nel 1959 cantò nel musical jazz sudafricano King Kong insieme a Hugh Masekela, che poco dopo divenne il suo primo marito. Pur essendo già una cantante di successo, alla fine degli anni ’50 Makeba ricavava ancora pochissimi introiti dalle sue registrazioni, e non riceveva royalties; per questi motivi iniziò a ipotizzare di lasciare il Sudafrica per gli Stati Uniti.

Nel 1960 partecipò al documentario anti-apartheid «Come Back, Africa» e fu invitata al Festival del cinema di Venezia; una volta in Europa stabilì di non rimpatriare. Si trasferì a Londra, dove conobbe Harry Belafonte, che la aiutò a trasferirsi negli Stati Uniti e farsi conoscere come artista. In America Makeba incise molti dei suoi brani di successo, come Pata Pata, The Click Song («Qongqothwane» in lingua xhosa) e Malaika.

Nel 1966 Makeba ricevette il Grammy per la migliore incisione folk per l’album «An Evening with Belafonte/Makeba», inciso insieme a Belafonte. L’album trattava esplicitamente temi politici relativi alla situazione dei neri sudafrica sotto il regime dell’apartheid. Nel 1963 portò la propria testimonianza al comitato contro l’apartheid delle Nazioni Unite. Il governo sudafricano rispose bandendo i dischi di Makeba e condannandola all’esilio. Nel 1968 sposò l’attivista per i diritti civili Stokely Carmichael; l’evento generò controversie negli Stati Uniti, e i suoi contratti discografici furono annullati. Makebe e Carmichael si trasferirono in Guinea, dove divennero amici del presidente Ahmed Sekou Tourè e di sua moglie. Makeba si separò da Carmichael nel 1973, e continuò a cantare soprattutto in Africa, Sudamerica ed Europa. Svolse anche il ruolo di delegata della Guinea presso le Nazioni Unite, vincendo il Premio Dag Hammarskj per la Pace nel 1986.

Dopo la morte della sua unica figlia Bongi (1985), Makeba si trasferì a Bruxelles. Nel 1987 collaborò al tour dell’album «Graceland» di Paul Simon. Poco tempo dopo pubblicò la propria autobiografia, «Makeba: My Story». Nel 1990, Nelson Mandela convinse Makeba a rientrare in Sudafrica. Nel 1992 recitò nel film «Sarafina! Il profumo della libertà», ispirato alle sommosse di Soweto del 1976, nel ruolo della madre della protagonista. Nel 2002 prese parte anche al documentario «Amandla!: A Revolution in Four-Part Harmony», ancora sull’apartheid. Nel 2001 ricevette la Medaglia Otto Hahn per la Pace. L’anno successivo vinse il Polar Music Prize insieme a Sofia Gubaidulina e nel 2004 si classificò al 38° posto nella classifica dei «grandi sudafricani» stilata da SABC3. Nel 2005 si dedicò a un tour mondiale di addio alle scene, cantando in tutti i paesi che aveva visitato nella sua carriera. Ma la generosità della cantante la aveva portata, malgrado le precarie condizioni di salute, a cantare a Castel Volturno per un altro artista-simbolo, Roberto Saviano. Le sue ultime note sono per il concerto anticamorra di ieri sera, poi il malore e la morte improvvisa.

mercoledì 5 novembre 2008

Vittoria di un Presidente, speranza di tutti


Non ci si crede ancora.
Non ci credono i milioni di statunitensi che in questi lunghi mesi hanno creduto nel sogno di vedere alla Casa Bianca un Presidente diverso, non solo per il colore, ma per la storia e per il carisma che lo ha portato a vincere sul candidato repubblicano.

Barack Obama è nato alle Hawaii da padre keniota e madre bianca americana. Il padre, Barack Obama Sr., ha sposato sua madre, Ann Dunham, quando studiava alla University of Hawaii. La coppia si è separata quando Obama aveva due anni. Il padre ha fatto ritorno in Kenya dove è diventato un noto economista. E' morto in un incidente d'auto nel 1982.

In seconde nozze la madre ha sposato un indonesiano, Lolo Soetoro. La famiglia si è trasferita in Indonesia, dove Obama è rimasto fino all'età di 10 anni, dopo di che è tornato a vivere con i nonni alle Hawaii, dove ha frequentato con una borsa di studio la Punahou Academy, un istituto d'élite.

Ha sette tra fratelli e sorelle in Kenya, figli del padre, e una sorella, Maya Soetoro-Ng, da parte di madre.

Dopo avere terminato il college nel 1983, Obama ha lavorato per un consulente finanziario di New York e una associazione di consumatori. Ha trovato lavoro a Chicago nel 1985 nell'organizzazione del Progetto di sviluppo delle comunità -- un gruppo religioso che si proponeva di migliorare le condizioni di vita nei quartieri poveri.

Tre anni dopo è entrato alla Harvard Law School, dove è diventato il primo presidente nero della rivista di legge dell'università. Ha lavorato come associato pro tempore nello studio legale Sidley Austin a Chicago, dove ha conosciuto la futura moglie. Dopo essersi laureato a Harvard nel 1991, Obama ha esercitato come avvocato specializzato in diritti civili in un piccolo studio di Chicago, in seguito è diventato professore di diritto costituzionale alla University of Chicago nel 1993.

Obama ha ottenuto un seggio al Senato dell'Illinois nel 1996. Durante quella legislatura ha lavorato sulla legislazione del welfare e temi etici e su un provvedimento che prevedeva la registrazione elettronica degli interrogatori della polizia e delle confessioni nelle inchieste per omicidio.

Obama ha conquistato un seggio molto ambito per il Senato Usa nel 2004, strappando a sette rivali la candidatura per il Partito democratico e ha poi vinto l'elezione.

Da senatore degli Stati Uniti si è distinto per il voto a favore di progetti di legge di sinistra, ma è stato anche uno dei pochi democratici ad appoggiare una misura sulla class-action in tribunale. Si è opposto alla nomina di John Roberts a ministro della Giustizia e a quella di Samuel Alito a giudice della Corte suprema.

Il National Journal, che non parteggia per alcuna forza politica, ha definito Obama il senatore più liberal nel 2007, fondando il suo giudizio su come aveva votato in Parlamento quell'anno. Era stato classificato al 10mo posto della lista dei più liberal nel 2008 e al 16mo posto nel 2005.

(Fonti: Reuters, Almanacco della Politica Americana, "The Audacity of Hope" di Barack Obama)