lunedì 29 dicembre 2008

Mons. Tutu: "Bombardamento aereo di Israele su Gaza è crimine di guerra"
















Bombardamento israeliano su Gaza - Foto da notiziedalmediooriente.it

Gli attacchi aerei israeliani su Gaza "hanno tutte le caratteristiche dei crimini di guerra". Lo ha affermato il premio Nobel per la pace, mons. Desmond Tutu. "Nel contesto di una supremazia aerea totale, nella quale una parte del conflitto dispiega forze aeree letali contro avversari che non possono difendersi, i bombardamenti assumono tutte le caratteristiche dei crimini di guerra" - ha dichiarato l'arcivescovo anglicano secondo il quale l'offensiva militare "non contribuisce alla sicurezza d'Israele". Mons. Tutu ha infine evidenziato le responsabilità della comunità internazionale e in particolar modo dei leader mondiali che "negli ultimi 60 anni hanno constantemente mancato nei confronti delle popolazioni della Palestina e di Israele".

Amnesty International denuncia l'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza che ha già causato oltre 280 morti tra la popolazione palestinese in uno degli attacchi più sanguinosi nei quarant'anni dell'occupazione israeliana West Bank e della Striscia di Gaza. "L'uso sproporzionato della forza da parte di Israele è illegale e rischia di innescare ulterioriore violenza nell'intera regione" - riporta il comunicato di Amnesty. "Centinaia di civili disarmati e di personale della polizia che non partecipavano alle ostilità sono tra le vittime del bombardamento israeliano" - aggiunge l'associazione. Amnesty afferma inoltre che "i continui lanci di razzi sulle città e i villaggi israeliani da parte di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi - che secondo l'associazione condividono la responsabilità dell'escalation delle violenze - sono illegali e non possono essere giustificati". L'associazione chiede pertanto a tutte le parti in causa di porre fine agli attacchi e alla comunità internazionale di "intervenire senza indugio per garantire che i civili intrappolati nella violenza siano protetti e che il blocco di Gaza sia rimosso".

"Bisogna assolutamente che cessino i bombardamenti perché sono già troppe le vittime innocenti. Noi condanniamo ogni violenza: i razzi lanciati dalla Striscia di Gaza, ma anche gli attuali bombardamenti. Così vi saranno solo ulteriori spirali di violenza. Ci addolora che ancora una volta l’unico linguaggio sia quello delle armi" - dichiara Claudette Habbash, direttrice di Caritas Gerusalemme in un appello ripreso dalla Caritas Italiana che da anni offre sostegno alla popolazione più vulnerabile della Striscia di Gaza.

Sono state numerose ieri le manifestazioni di condanna e proteste di fronte alle ambasciate israeliane per gli attacchi e di solidarietà per le vittime e per la martoriata popolazione di Gaza non solo nel mondo arabo, in Egitto, Libano, Giordania, Siria e nello Yemen, ma anche in diverse capitali europee tra cui Stoccolma, Copenaghen, Londra, Madrid, Istanbul, Roma e Milano: nel capoluogo lombardo - riporta l'agenzia Misna - i manifestanti hanno organizzato un corteo che è partito da piazza San Babila, dove sono stati legati striscioni anti-israeliani, e ha raggiunto piazza Duomo, pregando poi per le vittime di Gaza e per la pace in ginocchio.

L'agenzia di stampa del mondo missionario evidenzia il commento del gruppo di pressione israeliano per la pace "Gush Shalom" (Blocco per la Pace) fondato dall’ex-parlamentare israeliano Uri Avnery. In una nota diffusa via mail l'associazione pacifista afferma che "La guerra a Gaza, lo spargimento di sangue, le uccisioni, la distruzione e la sofferenza su entrambi i lati del confine sono la perversa follia di un governo in fallimento. Un governo che si è lasciato trascinare da militari avventurieri e da una rozza demagogia nazionalista in una guerra distruttiva e inutile che non darà soluzione ad alcun problema, né per le comunità del sud di Israele sotto una pioggia di missili né per le terribili povertà e sofferenze di Gaza assediata. Il giorno dopo la guerra, rimarranno gli stessi problemi - con l'aggiunta di molte famiglie in lutto, persone ferite e invalide per tutta la vita e di mucchi di macerie e distruzione".

"L'escalation verso la guerra poteva e doveva essere evitata" - prosegue la nota di Gush Shalom. "A rompere la tregua è stata Israele con l’incursione compiuta in un tunnel nella notte delle elezioni americane due mesi fa. Da allora è stato l'esercito ad accumulare fiamme di escalation con incursioni e uccisioni mirate, ogni volta che il lancio di missili su Israele diminuiva. Il ciclo del massacro potrebbe e dovrebbe essere rotto. Il cessate- il -fuoco può essere ristabilito immediatamente e su basi più solide. È diritto di Israele chiedere la fine totale del lancio di razzi sul suo territorio e i suoi cittadini, ma deve por fine a tutti i suoi attacchi e alla morte per fame del milione e mezzo di abitanti di Gaza, smettendo anche di interferire con il diritto dei palestinesi di scegliersi i loro capi. La dichiarazione di Ehud Barak secondo cui avrebbe sospeso la campagna elettorale per concentrarsi sull'offensiva di Gaza è una barzelletta. La guerra a Gaza è di per sé la campagna elettorale di Barak, un tentativo cinico di comprare i voti con il sangue e le sofferenze di Netivot e Sderot, Gaza e Beit Hanun".

Secondo un sondaggio della televisione commerciale israeliana, l’82% degli israeliani avrebbe espresso favore per l’operazione ‘Piombo fuso’ e il partito laburista, di cui il ministro della Difesa Ehud Barak è presidente dal giugno 2007, sarebbe in ascesa nelle previsioni di eventuali seggi in parlamento, da 11 a 16 - sottolinea il direttore della Misna, Pietro Mariano Benni. [GB]


Fonte: Unimondo.org

domenica 14 dicembre 2008

12 DICEMBRE 2008 per ricordare LA STRAGE DI STATO

Mentre in Italia si è alle prese col maltempo e la difficoltà ad arrivare a fine mese, mentre solo la CGIL mobilita il mondo del lavoro e tutta la Società Civile nelle piazze per avere misure adeguate per fronteggiare la crisi, passa sotto a tutti questi problemi anche l'ennesimo anniversario della Strage di Stato.



Sono passati 39 anni da quel 12 dicembre 1969 in Piazza Fontana, da quella tremenda strage all'interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura, che provocò 17 morti e 84 feriti, di cui furono responsabili le organizzazioni della destra eversiva, come è dimostrato storicamente e processualmente.


FONTE: www.reti-invisibili.net
Milano, 12 dicembre 1969, ore 16,30

Esplode una bomba nel salone degli sportelli della Banca Nazionale dell'Agricoltura, al numero 4 di piazza Fontana. Ha inizio una nuova era tragica.

I terroristi non avrebbero potuto scegliere un momento migliore: la banca è infatti gremita per il "mercato del venerdì", che richiama gli agricoltori delle province di Milano e Pavia. L'ordigno è stato collocato in modo da provocare il massimo numero di vittime: sotto il tavolo al centro del salone riservato alla clientela, di fronte all'emiciclo degli sportelli. I locali devastati testimoniano la potenza dell'esplosivo impiegato.

L'attentato causa sedici morti, di cui quattordici sul colpo, e ottantotto feriti. La storia dirà se la strage di piazza Fontana, inaugurando la strategia della tensione, ha determinato i dieci anni più bui della vita politica italiana.

Nelle ore che seguono gli attentati, vengono compiute perquisizioni nelle sedi di tutte le organizzazioni dell'estrema sinistra. Viene visitata anche qualche organizzazione d'estrema destra, ma senza molta convinzione, visto che le indagini risparmiano Ordine Nuovo e Avanguardia nazionale, le più importanti. Fin dall'indomani, come preparata in anticipo, parte un'incredibile campagna contro gli estremisti di sinistra. Le indagini sono di una stupefacente rapidità; in tre giorni viene arrestata una decina di persone sulle quali, come dichiara la polizia, "gravano pesanti indizi". Sono tutti anarchici dei circoli Bakunin e 22 Marzo. Tra di loro vi sono: Giovanni Aricò, Annelise Borth, Angelo Casile, Roberto Mander, Emilio Borghese, Mario Merlino, Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda. Per la polizia, insomma, oltre a quella anarchica, nessun'altra pista merita di essere presa in considerazione.

Iniziano gli interrogatori. Sono condotti con energia. Il 15 dicembre, a mezzanotte, nel cortile della questura di Milano, un corpo s'infrange quasi senza rumore ai piedi di un giornalista. È Giuseppe Pinelli, uno degli anarchici arrestati tre giorni prima, caduto senza un grido da una stanza del quarto piano. Causa ufficiale della morte: suicidio. Non ci crederà nessuno... Tra gli anarchici fermati subito dopo la strage alla Banca Nazionale dell'Agricoltura, il commissario Calabresi sembra interessarsi a una sola persona: Pietro Valpreda, di professione ballerino. Il giovane grida la propria innocenza. Essa non sarà riconosciuta che molto tempo dopo. Eppure, già all'epoca, tutto denunciava l'esistenza di una "pista nera", che verrà esplorata solo tardivamente.

15 dicembre 1969

Guido Lorenzon segretario di una sezione della Democrazia cristiana, si presenta da un avvocato della città dichiarando di essere a conoscenza di fatti che potrebbero essere in rapporto con gli attentati. Due giorni prima, cioè all'indomani delle esplosioni, ha avuto con l'editore Giovanni Ventura (amico di vecchia data), una conversazione che, da allora, l'ossessiona. Le informazioni che Ventura gli ha fornito sugli attentati sono state troppo precise e circostanziate perché possa essere totalmente estraneo alla strage.

Già in precedenza Ventura gli aveva parlato con la stessa precisione dei dieci attentati ai treni compiuti nel Nord Italia nella notte tra l'8 e il 9 agosto 1969. E gli aveva anche confidato di appartenere a un'organizzazione clandestina che progettava un colpo di stato mirante a instaurare un regime ispirato alla Repubblica di Salò. Fino a quel momento Lorenzon aveva taciuto. Dopo la strage di Milano non poteva più farlo: nell'ultima conversazione con Ventura, infatti, gli era parso di capire che questi stesse preparando altri sanguinosi attentati.

Il giorno dopo, in compagnia dell'avvocato, Lorenzon ripete la sua testimonianza di fronte a un magistrato di Treviso, il procuratore Pietro Calogero. Con l'aiuto di Lorenzon, che continua a frequentare Ventura, in qualche settimana Calogero raccoglierà una serie di solidi indizi contro quest'ultimo e un suo amico, Franco Freda, un avvocato di Padova ben noto nella regione per le sue opinioni neonaziste.

Franco Freda, poco più anziano di Ventura, grande ammiratore di Hitler e delle ss, fanatico antisemita, ha fatto la gavetta, come Ventura, nell'msi, di cui all'inizio degli anni Sessanta ha diretto l'organizzazione universitaria (fuan). Più tardi ha fondato i Gruppi d'aristocrazia ariana (Gruppi ar), vicini a Ordine Nuovo.

Giovanni Ventura, cresciuto nella nostalgia di Mussolini, s'è iscritto all'msi giovanissimo. Nel 1965, trovando questo movimento troppo moderato, entra in Ordine Nuovo, la cui politica più energica meglio corrisponde alle sue aspirazioni.

Novembre 1971

Un muratore, nell'eseguire alcune riparazioni sul tetto di una casa di Castelfranco Veneto, sfonda per errore il tramezzo divisorio di un'abitazione di proprietà di un consigliere comunale socialista, Giancarlo Marchesin, e scopre un arsenale di armi ed esplosivi, tra cui, in particolare, casse di munizioni siglate nato. Arrestato, Marchesin dichiara che quelle armi sono state nascoste lì da Giovanni Ventura qualche giorno dopo gli attentati del 12 dicembre, e che prima si trovavano presso un certo Ruggero Pan.

Interrogato a sua volta, Pan rivela che durante l'estate del 1969, dopo gli attentati ai treni, Ventura gli aveva chiesto di comprare delle casse metalliche tedesche di marca Jewell. Quelle di legno usate per collocarvi gli esplosivi negli attentati, aveva spiegato l'editore, non avevano prodotto l'effetto di "compressione esplosiva del metallo". Pan si era rifiutato. Il giorno dopo, notando da Ventura una cassetta di metallo, aveva capito che qualcuno era andato a comprarla al posto suo.

Pan aveva dimenticato l'episodio fino al 13 dicembre 1969, giorno in cui la televisione e i giornali avevano mostrato la riproduzione di una delle cassette impiegate negli attentati alle banche. Era una Jewell, identica a quelle acquistate da Freda e Ventura.

I magistrati di Treviso scoprono inoltre che il gruppo teneva le sue riunioni nella sala di un istituto universitario di Padova messa a sua disposizione dal custode, Marco Pozzan, braccio destro di Franco Freda.

Sottoposto dagli inquirenti, il 21 febbraio e il 1° marzo 1972, a due lunghi interrogatori, Marco Pozzan spiega che il piano, preparato da tempo, aveva ricevuto il via libera nel corso di una riunione notturna svoltasi a Padova il 18 aprile 1969. Dapprima reticente sull'identità di due dei partecipanti alla riunione, arrivati la sera stessa da Roma, Pozzan, dopo qualche esitazione, rivela il nome di uno di loro: Pino Rauti, all'epoca capo del movimento Ordine Nuovo. Quanto al secondo, assicura di saperne solo ciò che gli ha detto Franco Freda: "È un giornalista ed è membro dei servizi segreti...".

I magistrati, in verità, erano già a conoscenza di questa riunione grazie alle intercettazioni cui avevano sottoposto il telefono di Freda. Quello che ignoravano era l'importanza capitale che essa aveva avuto nell'organizzazione degli attentati del 1969.

3 marzo 1972

Franco Freda, procuratore legale a Padova, Giovanni Ventura e Pino Rauti, dirigente nazionale dell'msi e fondatore del movimento Ordine Nuovo, vengono arrestati. Sono accusati di aver organizzato gli attentati del 25 aprile 1969 (alla Fiera e alla Stazione Centrale di Milano) e dell'8 e 9 agosto dello stesso anno (a danno di alcuni treni). Il 21 marzo, aggiungendo ai capi d'imputazione contro il gruppo Freda-Ventura gli attentati del 12 dicembre 1969, il giudice Stiz trasmette il fascicolo, per competenza territoriale, alla procura di Milano.

A proseguire le indagini sono designati tre nuovi magistrati la cui prima iniziativa è rimettere in libertà Rauti, senza però far cadere il capo d'accusa.

Riprendendo le indagini da zero, i tre magistrati milanesi raccolgono in qualche mese una serie di prove decisive contro il gruppo Freda-Ventura e, nello stesso tempo, dimostrano che i poliziotti e i giudici che si sono precipitati sulla pista anarchica hanno commesso numerose irregolarità.

Una nuova perizia sui vari frammenti di esplosivi, sui timer e sulle borse contenenti le bombe ritrovati il 12 dicembre 1969 sul luogo degli attentati permette di accertare tre fatti importanti:

1) le bombe sono costituite da candelotti identici agli esplosivi nascosti da Ventura, qualche giorno dopo gli attentati, in casa dell'amico Giancarlo Marchesin;

2) i meccanismi di scoppio ritardato delle bombe provengono da una partita di cinquanta timer acquistati il 22 settembre 1969 da Franco Freda in un negozio di Bologna. Freda spiegherà ai magistrati di aver comprato i timer su richiesta di un fantomatico capitano Mohamed Selin Hamid dei servizi segreti algerini, per conto della resistenza palestinese. Da una verifica compiuta presso le autorità algerine risulta che questo capitano non esiste;

3) le borse in cui si trovavano le bombe erano state acquistate, due giorni prima degli attentati, in una pelletteria di Padova. Qualche giorno dopo, confrontando due foto della borsa di pelle ritrovata intatta alla Banca Commerciale Italiana, il giudice D'Ambrosio nota una differenza. Nella prima, scattata la sera stessa degli attentati, dal manico pende ancora l'etichetta del prezzo. Nella seconda, scattata un mese più tardi, l'etichetta e la cordicella cui era attaccata sono scomparse. Ancora una volta, qualcuno è intervenuto a sopprimere delle prove.

Ormai convinti di avere in mano, con Franco Freda e Giovanni Ventura, i personaggi chiave degli attentati, i magistrati milanesi si applicano a scoprire chi siano, dietro i due uomini, i veri ispiratori della strategia della tensione. L'istruttoria verrà abbattuta in volo nel 1974 dalla decisione della Corte di Cassazione di sottrarre loro indagini che dirigevano da due anni con coraggio esemplare. L'istruttoria viene trasferita a Catanzaro, dove erano già stati spostati l'inchiesta e il processo Valpreda per "motivi di ordine pubblico". A Catanzaro esse vengono affidate a due magistrati locali che, senza che si possa mettere in dubbio la loro onestà, non seguiranno mai le "piste nere" con l'ostinazione dei predecessori.

***

Da: http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2004/un10/art3164.html
(Umanità Nova, numero 10 del 21 marzo 2004, Anno 84 - articolo di Luciano Lanza)

La sentenza di appello per la strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969) non è scandalosa come molti dicono e scrivono: è la regola. Ripristinata. Dopo poche anomalie. Piccole e parziali.

I fatti. Il 12 marzo la corte d'appello di Milano ha assolto dal reato di strage (ergastolo) Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni quali responsabili dell'attentato che più di 34 anni fa causò 16 (più uno) morti e 84 feriti nella Banca nazionale dell'agricoltura. Nel giugno 2001 i tre erano stati condannati all'ergastolo. In più Stefano Tringali si era beccato tre anni per favoreggiamento. Ironia della sorte: è l'unico colpevole con una pena ridotta a un anno. Ma se non ci sono colpevoli per chi ha fatto favoreggiamento? Misteri della giustizia italiana. O meglio non ci sono misteri, c'è soltanto la volontà di "chiudere" una pagina che vede lo stato italiano come colpevole di complotti e stragi.

Perché è la regola in questo criminale affare? Molto semplice. Perché fin dallo scoppio di quelle bombe (una a Milano e due a Roma) gli apparati dello stato hanno fatto di tutto per depistare e occultare la verità. Ricordate? All'inizio il mostro che aveva messo la bomba era un anarchico, Pietro Valpreda, ma non solo anarchico anche ballerino, quindi uno spostato, un diverso con la bramosia del sangue e della rivoluzione. E da lì una campagna (ossessivamente orchestrata, neppure troppo intelligentemente, ma mediaticamente martellante) contro gli anarchici e la sinistra "rivoluzionaria". Con un contorno altrettanto drammatico: il "volo" di un anarchico milanese, Giuseppe Pinelli, dal quarto piano della questura di Milano. Ebbene quella montatura aveva funzionato per poco tempo, poi un oscuro giudice veneto di Treviso, Giancarlo Stiz se ne era uscito con un mandato di cattura contro due neonazisti: Franco Freda e Giovanni Ventura. Per Stiz erano loro i responsabili, non Valpreda, di quella strage.

Prima anomalia. Che contraddiceva l'istruttoria "istituzionale" dei magistrati romani Ernesto Cudillo e Vittorio Occorsio. I due avevano puntato subito (e come mai?) su Valpreda e sui suoi compagni del circolo 22 marzo. Da lì una sequenza di processi che definire ridicoli è poca cosa. Il 23 febbraio inizia il processo per la strage che vede sul banco degli imputati sia gli anarchici Valpreda e i suoi compagni (con un'aggiunta di Mario Merlino, nazista infiltrato nel gruppo 22 marzo) sia i nazisti Freda e Ventura. Tutti insieme appassionatamente per confondere le acque (la consunta, ma sempre sbandierata teoria degli "opposti estremismi") e non far capire che cosa è veramente successo. Ma il 6 marzo i magistrati romani (responsabili della montatura, ricordiamoli: Occorsio e Cudillo) capiscono che non ce la faranno ad andare avanti. Il processo viene così spostato a Milano: il luogo della strage. Il luogo dove, secondo le leggi dello stato italiano, si sarebbe dovuto tenere fin dall'inizio il processo. Ma che succede? Il procuratore generale del capoluogo lombardo, Enrico De Peppo, sostiene che Milano è una città in mano ai "rossi": legittima suspicione. Il processo viene dirottato (esiliato?) a Catanzaro. Ma bisognerà aspettare quasi dieci anni dalla strage (23 febbraio 1979 per arrivare alla prima sentenza. Freda e Ventura vengono condannati all'ergastolo per strage, Valpreda e compagni assolti (insufficienza di prove), ma condannati per associazione a delinquere. C'è però una postilla interessante. I giudici di Catanzaro rinviano a Milano gli atti che riguardano gli ex presidenti del consiglio Giulio Andreotti e Mariano Rumor e gli ex ministri Mario Tanassi, difesa, e Mario Zagari, giustizia. Dire che i quattro uomini politici escono quasi subito dal processo è come raccontare una di quelle vecchie barzellette che tutti conoscono. E infatti finisce come tutti già si aspettavano: "Scusate il disturbo".

E, di processo in processo, arriviamo al 27 gennaio 1987 in cui la prima sezione della Cassazione chiude la questione: nessun responsabile per la strage di piazza Fontana. Anarchici e nazisti sono innocenti. O meglio, rimane il fatto che per Freda e Ventura è confermata la condanna a 15 anni per gli attentati alla Fiera campionaria e alla stazione Centrale di Milano del 25 aprile 1969 e, sempre nello stesso anno, degli attentati ai treni (dieci bombe, otto esplose) tra l'8 e il 9 agosto.

Particolare non irrilevante: quei due attentati, inizialmente attribuiti agli anarchici, erano serviti per costruire il "teorema anarchico" di piazza Fontana. Che poi la responsabilità processuale venga definitivamente attribuita ai nazisti non sembra più rilevante.
Capacità dialettica della magistratura italiana.

Arriviamo a un'altra delle poche anomalie che contrassegnano questa vicenda. Il giudice istruttore Guido Salvini nel 1987 apre una nuova inchiesta sull'eversione di destra e sulla strage di piazza Fontana.

Un'inchiesta che nel 1995 arriva a un'ordinanza di rinvio a giudizio contro una serie di terroristi neonazisti. Ma bisognerà aspettare il giugno 2001 per assistere alla condanna all'ergastolo di Delfo Zorzi, Giancarlo Rognoni e Carlo Maria Maggi. Più la condanna di tre anni a Stefano Tringali per favoreggiamento.

Anche l'anomalia creata da Salvini si è chiusa. Sepolta dalla volontà di non avere colpevoli per quella strage. E quando mai avete visto uno stato che condanna se stesso?

Perché la strage di piazza Fontana è stata realmente una strage di stato come la definirono gli anarchici del Ponte della Ghisolfa il 17 dicembre 1969 in una conferenza stampa che gli organi di stampa definirono "farneticante". Strage di stato perché vi troviamo coinvolti ministri, segretari di partito, servizi segreti italiani (tutt'altro che deviati, ma obbedienti agli ordini dei responsabili della politica) e servizi segreti esteri (americani e israeliani).

Per chi non ha vissuto quel periodo vale la pena ricordare che allora la classe dirigente italiana temeva uno spostamento a sinistra dell'asse politico nazionale, un cambiamento non voluto e osteggiato con tutti i mezzi. Anche con le bombe e i morti. Fu messa in atto una strategia che "doveva portare, nelle intenzioni degli esecutori, a un regime autoritario, ma che è stata gestita dai più alti organi dello stato per mettere fuori gioco gli avversari politici e per creare un clima di paura che perpetuasse la centralità della Democrazia cristiana e dei suoi alleati".

Oggi, tornati alla ribalta i successori della Democrazia cristiana (Forza Italia più satelliti), la strage di piazza Fontana deve tornare nel dimenticatoio. Se ne riparlerà fra alcuni anni, quando saranno passati quasi quarant'anni dalla strage. E allora sarà ancora di più e soltanto storia. Riveduta e corretta. Secondo i dettami del revisionismo imperante.

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Associazione:
"Associazione Familiari vittime della strage di Piazza Fontana"
Presidente: LUIGI PASSERA

sabato 6 dicembre 2008

60° ANNIVERSARIO DELLA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI UMANI









Fonte: www.perlapace.it


Diritti umani, il mondo celebra, Berlusconi no

Il 60° anniversario della Dichiarazione di Parigi snobbato dalla destra. Il governo non ha ancora dato attuazione alla Corte penale internazionale.
Disattenzione. Impegni non attuati. Latitanza. Così il governo italiano si appresta a non ricordare una scadenza che coinvolgerà tutto il mondo: il 60° anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani.

Un’assenza colpevole. Un disinteresse ingiustificato e ingiustificabile. Dieci dicembre, il mondo celebra il sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: la «Magna Charta», dell’umanità, il documento che per la prima volta ha riconosciuto i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani. Diritti che continuano ad essere violati, calpestati, infangati in tante parti del pianeta. Ragione in più per rinnovare un impegno. Per tenere insieme la «diplomazia degli Stati» e quella dei popoli. Dieci dicembre: il governo italiano latita. Si chiama fuori. Bassissimo profilo. Praticamente inesistente. A denunciarlo è Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace, una delle organizzazioni che hanno promosso il Comitato nazionale per il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.




GOVERNO LATITANTE
“L’Italia – afferma Lotti – è il solo Paese europeo che ha scelto di ignorare l’appello dell’Onu che il 10 dicembre 2007 aveva inaugurato l’Anno dei Diritti Umani e invitato tutti gli Stati ad un maggiore impegno concreto”. Invito che il governo italiano ha ampiamente disatteso. “Il fatto – rileva il coordinatore della Tavola della Pace – è ancora più grave perché l’Italia fa parte del Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu, l’organismo che più di ogni altro ha la responsabilità di difendere e promuovere il rispetto dei diritti umani nel mondo. Per questo – conclude Lotti – l’Italia dovrebbe essere in prima linea tra i Paesi che più s’impegnano per i diritti umani”. Dovrebbe. Perché la realtà, purtroppo, è un’altra. E la realtà parla di sottovalutazione, disimpegno, ritardi nell’attuazione di impegni sottoscritti in sedi internazionali. Governo latitante. Una riprova viene dalla denuncia dei radicali. “Sono ormai passati 10 anni dall’approvazione dello statuto di Roma da parte della conferenza diplomatica che istituì la Corte penale internazionale, e cioè la prima istituzione permanente con il compito di perseguire e giudicare i responsabili di alcuni dei più gravi crimini conosciuti dall’umanità, quali il genocidio, i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità”.

IL CASO CORTE PENALE
A ricordarlo sono i deputati radicali eletti nelle liste del Pd, Rita Bernardini e Matteo Mecacci, lamentando poi la mancata attuazione ad oggi, da parte de governo italiano, dello statuto della Corte penale internazionale. “L’Italia – proseguono Bernardini e Mecacci – è stata fra i protagonisti di quella vicenda politica e diplomatica attraverso i governi, sia di centro-destra che di centro-sinistra; infatti il nostro fu il quarto Paese a ratificare lo statuto, grazie anche alla lotta instancabile del Partito Radicale e di “Non c’è Pace Senza Giustizia”. Ciononostante l’Italia oggi è ancora in difetto nel dare attuazione interna allo statuto, il che significa che non è nelle condizioni di collaborare dal punto di vista giudiziario con la Corte. Una questione che – spiegano – se continuasse a restare irrisolta, potrebbe esporre il nostro Paese al passaggio sul nostro territorio di criminali internazionali ricercati dalla Corte, che non potrebbero ad esempio essere ad essa consegnati dalle nostre autorità”. A un governo latitante fa da contraltare una mobilitazione dal basso della società civile e delle associazioni più impegnate sui temi della difesa dei diritti umani in Italia e nel mondo: 221 iniziative in 159 città, in tutte le regioni italiane: sono i numeri della Giornata nazionale d’azione per i diritti umani, che mercoledì prossimo, 10 dicembre, celebrerà in tutta Italia il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, nel segno dello slogan “Se non li difendi, te li tolgono”.

APPUNTAMENTI
Duecentouno iniziative in centocinquantanove città, in tutte le regioni italiane: sono i numeri della Giornata nazionale d’azione per i diritti umani, che mercoledì prossimo 10 dicembre, celebrerà in tutta Italia il sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti Umani. L’iniziativa clou della Giornata, promossa da un cartello di associazioni e comitati, si terrà di fronte alla sede della direzione generale della Rai in viale Mazzini a Roma: un sit in nel corso del quale i partecipanti potranno ascoltare la lettura della Dichiarazione Universale del 1948, della Costituzione italiana e del contratto di servizio della tv pubblica: “Cara Rai – si legge nel volantino degli organizzatori – ti chiediamo di dare voce a chi non ha voce. Ti chiediamo di illuminare la vita delle persone e di difendere i loro fondamentali diritti, qualunque sia il colore della loro pelle. Ti chiediamo di farlo tutti i giorni. Non ti chiediamo molto. Ti chiediamo solo di fare il tuo dovere di servizio pubblico”. Nonostante il disinteresse governativo.

Umberto De Giovannangeli
Fonte: l’Unità
4 dicembre 2008

tratto da: www.perlapace.it


LINKS CORRELATI ALL'ARGOMENTO:

SITO CLUB UNESCO CUNEO

ARCHIVIO PACE DIRITTI UMANI

AMNESTY INTERNATIONAL ITALIA

AMNESTY ITALIA



La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani fu adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.

I trenta articoli di cui si compone sanciscono i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali di ogni persona. Vi si proclama il diritto alla vita, alla libertà e sicurezza individuali, ad un trattamento di uguaglianza dinanzi alla legge, senza discriminazioni di sorta, ad un processo imparziale e pubblico, ad essere ritenuti innocenti fino a prova contraria, alla libertà di movimento, pensiero, coscienza e fede, alla libertà di opinione, di espressione e di associazione. Vi si proclama inoltre che
nessuno può essere fatto schiavo o sottoposto a torture o a trattamento o punizioni crudeli, disumani o degradanti e che nessuno dovrà essere arbitrariamente arrestato, incarcerato o esiliato.
Vi si sancisce anche che tutti hanno diritto ad avere una nazionalità, a contrarre matrimonio, a possedere dei beni. a prendere parte al governo del proprio paese, a lavorare, a ricevere un giusto compenso per il lavoro prestato, a godere del riposo, a fruire di tempo libero e di adeguate condizioni di vita e a ricevere un'istruzione. Si contempla inoltre il diritto di chiunque a costituire un sindacato o ad aderirvi e a richiedere asilo in caso di persecuzione.

Molti paesi hanno compendiato i termini della Dichiarazione entro la propria costituzione. Si tratta di una dichiarazione di principi con un appello rivolto all'individuo singolo e ad ogni organizzazione sociale al fine di promuovere e garantire il rispetto per le libertà e i diritti che vi si definiscono. Gli stati membri delle Nazioni Unite non furono tenuti a ratificarla (la dichiarazione non essendo di per sé vincolante), sebbene l'appartenenza alle Nazioni Unite venga di norma considerata un'accettazione implicita dei principi della Dichiarazione.

Va sottolineato che in base alla Carta delle Nazioni Unite gli stati membri s'impegnano ad intervenire individualmente o congiuntamente, per promuovere il rispetto universale e l'osservanza dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali . Questo è un obbligo di carattere legale. La dichiarazione rappresenta un'indicazione autorevole di che cosa siano i diritti umani e le libertà fondamentali.

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO

Preambolo

Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;

Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell'uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo;

Considerato che è indispensabile che i diritti dell'uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;

Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;

Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'eguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;

Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni,

L'ASSEMBLEA GENERALE proclama LA PRESENTE DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI

Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2
1) Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

2) Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico internazionale del paese o del territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

Articolo 3
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4
Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5
Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumane o degradanti.

Articolo 6
Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7
Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8
Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9
Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10
Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri nonché della fondatezza di ogni accusa penale gli venga rivolta.

Articolo 11
1) Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.

2) Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetuato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà deI pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12
Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 13
1) Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.

2) Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

Articolo 14
1 ) Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.

2) Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15
1) Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza. 2) Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 16
1) Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.

2) Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.

3) La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Articolo 17
1) Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.

2) Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18
Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.

Articolo 19
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 20
Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.

2) Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione.

Articolo 21
1) Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.

2) Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.

3) La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve sere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22
Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 23
1) Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

2) Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.

3) Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.

4) Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24
Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

Articolo 25
1) Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

2) La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26
1 ) Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.

2) L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

3) I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 27
1) Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.

2) Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Articolo 28
Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 29
1 ) Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.

2) Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.

3) Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30
Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuni dei diritti e delle libertà in essa enunciati.